Una questione di storytelling: le donne nelle pubblicità degli anni '50

Una questione di storytelling: le donne nelle pubblicità degli anni ’50

Le donne sono state musa ispiratrice da sempre.

Non possiamo dimenticare la famosa Beatrice di Dante, o Silvia di Giacomo Leopardi, dei veri e propri angeli che hanno ispirato i poeti del passato.

La donna è sempre stata oggetto di rappresentazione, anche e soprattutto nelle pubblicità.

Si è passati dalla concezione di moglie-mamma perfetta, a super top model che sfoggiano un intimo mozzafiato, bond girl pronte alla riscossa.

Il cambiamento della pubblicità nel corso degli anni ha una motivazione ben precisa: è tutta una questione di storytelling.

Partiamo, prima, con una carrellata di pubblicità anni ’50.

Gli uomini si chiedono: “E’ carina?” non “è intelligente?”

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“Soffice come un bebè. Perché l’innocenza è più sexy di quanto credi”

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Sigarette. “Soffialo sul suo volto e ti seguirà ovunque”

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“E’ sempre illegale uccidere una donna?”

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Tappeti. “E’ bello avere una ragazza in casa”

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Scarpe: “Mettila al suo posto…”

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Caffè. “Se tuo marito scopre che non compri il caffè fresco…”

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Sottinteso-le donne non sanno guidare

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Vitamine per donne. “Più una moglie lavora a casa, più è carina”

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Questione di misoginia?

Queste pubblicità farebbero spazientire anche la donna più calma al mondo: donne descritte come solo oggetti belli, ma senza cervello, il cui compito è accudire la casa, il marito e i figli.

L’immagine femminile è da sempre stata utilizzata con elevata frequenza nelle pubblicità.

Gli studi sulla rappresentazione femminile nelle pubblicità hanno avuto un recente sviluppo nelle Woman Studies; tali studi hanno rilevato che la rappresentazione maschile e femminile presenta una forte disparità. Le donne sono descritte come prive di cervello, autoritarie, allo stesso tempo emotive e attraenti.

Negli ultimi anni si assiste ad una lenta evoluzione della parità dei sessi: vi sono donne forti, mamme tutto fare, donne in carriera; uomini bellissimi e impossibili, business manager e uomini con poca intelligenza.

Insomma, di tutto e di più.

Tutta una questione di storytelling.

Cos’è lo storytelling?

Lo storytelling è l’arte di raccontare una storia. 

Nella sostanza, lo storytelling è una tecnica di comunicazione che consiste nel raccontare una storia per attirare l’attenzione di un pubblico, veicolare ad esso il messaggio che la storia vuole raccontare e stimolare uno specifico desiderio nei lettori, persuadendoli a compiere una specifica azione.

Tutto è storytelling, non solo in pubblicità. Se pensate ad un’azienda che racconta di sé e della sua storia, sta applicando una tecnica di storytelling, in un contesto di personal branding. Un altro ambiente dove lo storytelling è padrone è il mondo politico: quale personaggio politico non racconta una storia? L’uomo che si è fatto da solo, l’uomo di strada, il ricco e così via.

Tornando alla pubblicità, uno storytelling dei nostri giorni, che tutti conoscete è quello della Mulino Bianco, o lo di Giovanni Rana.

Ecco perché forse non si può parlare proprio di misoginia, ma di storytelling degli anni ’50, adatti a quel tipo di società, con dei principi e degli stili di vita completamente diversi da quelli nostri. Tanto da rendere completamente diverse le pubblicità degli anni ’50 a quelle dei nostri giorni.

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Le donne negli anni ’50 erano considerate indifese, da proteggere, gli angeli della casa; non deve stupire che le pubblicità raccontino la storia che all’epoca l’utente voleva sentirsi dire.

Se i cittadini di quegli anni vedessero le nostre pubblicità, cosa penserebbero? Probabile che neanche loro capirebbero le nostre.

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