ProPublica nasce nel 2007, un giornale investigativo senza fini di lucro, che vive di donazioni di privati e fondazioni.
Un tipico esempio di crowdfunding. Ma cos’è?
Il crowdfunding è un fenomeno nato in Australia e negli Stati Uniti, attraverso il quale il promotore di un’iniziativa a carattere economico, sociale, culturale o benefico richiede al pubblico indistinto (crowd), tramite un sito internet (il portale o piattaforma), somme di denaro, anche di modesta entità, per sostenere il progetto esposto (funding).
ProPublica ha una struttura classica, con una redazione di 32 giornalisti, il suo direttore è Paul Steiger, ex direttore del Wall Street Journal. Ma ha qualcosa che gli altri non hanno: non ha “mecenati” che finanziano l’attività, non ha quindi nessuno a cui dover conto, se non i propri lettori. Che oltre ad essere un metro di giudizio, diventano anche giornalisti stessi. Tra i tanti progetti di ProPublica, uno è proprio un’inchiesta sull’Ads di Facebook; è stato realizzato un tool online chiamato Facebook Political Ad Collector (funziona sia sul browser Chrome che su Firefox di Mozilla e si installa come estensione) che consente agli utenti di Facebook di inviare automaticamente alla fondazione gli annunci politici che vengono visualizzati nella proprio bacheca (sul news feed). In questo modo i cittadini diventano loro stessi fonti di informazione.
Non solo un esempio di crowdfunding, ma anche un esempio di giornalismo partecipativo.
Internet ha rimescolato le carte in tavola, ha scombussolato le fondamenta del giornalismo e ProPublica ne è l’esempio lampante; è una dimostrazione che anche qualcosa di nuovo può nascere e crescere a testa alta, diventando talmente importante da ricevere il Premio Pulitzer. Si avete capito bene, il premio più ambito è stato dato proprio ad un ibrido come ProPublica: ad essere premiata è stata l’inchiesta sull’uragano Katrina, quando in un ospedale di emergenza allestito nella città di New Orleans medici e infermieri furono costretti a scelte particolarmente drammatiche e dolorose, di fronte al numero gigantesco di feriti gravi e alla mancanza di strumenti e medici.
“Un articolo”, si legge nelle motivazioni del premio, “che testimonia le decisioni cruciali – vita o morte – che fu costretto a prendere un medico esausto, quando il suo ospedale si trovò di fatto isolato a seguito dei danni provocati dall’uragano”. Si tratta della prima volta che un sito internet vince un premio Pulitzer.
Ricapitolando: si dice che il giornalismo investigativo sia morto, che il giornalismo in generale sia morto, che la crisi editoriale porterà alla chiusura di tutte le redazioni, e che internet ha dato voce a troppi “imbecilli”. Eppure, dall’esempio di ProPublica non sembra.
Primo sito internet premiato dal Pulitzer, più di 100 storie pubblicate sulle testati più importanti, il vertice piramidale che si rompe, per dar spazio ai cittadini che diventano i primi protagonisti, oltre ad essere lettori, un giornalismo investigativo con meccanismi innovativi.
La formula di ProPublica può essere esportabile? Possiamo invertire i meccanismi tradizionali e non aver paura della novità e dell’innvazione?