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Cos’è l’agenda setting e in che modo influenza il pensiero quotidiano?

Non di solo telegiornale vive l’uomo. 

No, c’è anche la radio, ci sono i blog, i giornali online, i social network. Siamo assetati di informazioni, nostre od altrui (tanto spesso altrui, lontane), bisognosi di parlarne, di comunicarle, di metterle su un tavolo e mischiarle con gli altri. Per passare il tempo, o per capire qualcosa in più.

Ma quando siamo assetati non è così immediato controllare cosa beviamo. Potremmo avvelenarci. Potrebbe accadere come in quella storia disney in cui Topolino, arguto ed astuto detective, beve da una fonte avvelenata e per 24 ore diventa stupido. 

Il problema è che le fonti che i media ci propinano sono troppo spesso contaminate, inquinate dall’inautenticità. Manipolate. 

La teoria dell’agenda-setting ipotizza l’influenza dei mass-media sull’audience in base alla scelta delle notizie considerate “notiziabili”. Ma chi decide cosa è notiziabile, degno di attenzione, degno di parola e condivisione? L’idea che si pensi, giorno per giorno, agli argomenti che vengono “suggeriti” dai mass-media certamente non è nuova: già Paul Lazarsfeld nel 1944 sostenne che i media avessero il potere di “strutturare i problemi”, e da allora la filosofia della comunicazione è spesso tornata sul tema, dalla Scuola di Francoforte fino alla teoria della spirale del silenzio di Elisabeth Noelle-Neumann, per la quale una persona farebbe fatica a riconoscere a se stessa e ancor di più a comunicare agli altri una qualsiasi opinione che ella reputi contraria a quella della (presunta) maggioranza. 

Scollegarci da ogni media è pressoché impossibile: abbiamo bisogno di comunicare, di esprimerci, di ricevere e trasmettere informazioni.  “L’uomo è per natura un animale sociale”, scriveva Aristotele nella Politica, e negli ultimi due millenni la nostra socialità è cresciuta esponenzialmente, di pari passi con il progresso. Ma sempre assetati restiamo. E allora è necessario restare on-line, facendo attenzione a cosa beviamo e mangiamo, magari ogni tanto fermarci e chiederci se l’hamburger lo stiamo mangiando solo perché lo mangiano gli altri al tavolo, ché magari io ho voglia di un gelato. 
Ma siamo in pub!
E pazienza, esistono le porte. 

Apriamo le porte. Varchiamole. Scegliamo cosa mangiare, scegliamo che cosa ascoltare, scegliamo che cosa dire, mal che vada conosceremo meglio noi stessi e saremo più autentici. E avremo comunicato le cose più limpide. 

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